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Boccea Casalotti / Via Borgosesia

Casalotti, il campo di periferia che respinge la violenza: "Si torni a lealtà e passione"

La società di calcio commenta gli ultimi episodi di violenza sui campi dilettantistici respingendo i pregiudizi su territori difficili: "Da noi casa dello sport a gestione familiare"

La violenta aggressione al giovane arbitro a San Basilio, a margine della gara tra Virtus Olympia e Atletico Torrenova 1986, ha sconvolto il calcio dilettantistico che nello scorso week end ha subito un turno di stop. 

L'AIA, l'Associazione Italiana Arbitri, ha infatti scelto di non mandare i direttori di gara sui campi del Lazio: una presa di posizione forte e decisa per stimolare la riflessione su quanto accaduto e più in generale sul tema della violenza nel calcio, con i campi delle categorie non professioniste talvolta teatro di episodi incresciosi. 

Ma le società, spesso unico luogo di socializzazione per i ragazzi di determinati quartieri e scuola di valori, tengono a sottolineare la loro funzione educativa: ben lontana da atteggiamenti violenti o oltraggiosi. 

Casalotti Calcio: "In 13 anni mai episodi violenti"

E' il caso del Casalotti: la società sportiva della periferia del Municipio XIII che respinge i pregiudizi contro la periferia e rivendica la propria funzione sociale nel cuore di un territorio ricco di difficoltà.

“In 13 anni di gestione non si è mai verificato un atteggiamento provocatorio nei confronti di un arbitro o un episodio di violenza grave" - ha tuonato i Lotrionte, proprietari della società dell'Aurelio. 

Una vera e propria famiglia sportiva in grado di conciliare i 40mila abitanti di quel quadrante di Roma: ragazzi in campo, mamme e papà, nonni e zii a popolare le tribune dell'impianto di via Borgosesia per generazioni. 

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La trasmissione dei valori sportivi

Una società con un passato glorioso, con la Serie C2 ad essere oggi soltanto un ricordo. Dal 2005, dopo la fusione tra l’AS Casalotti con il Tanas e il trasferimento a Primavalle, la nuova società è gestita dalla famiglia Lotrionte, che a via Borgosesia ha dato vita a una vera e propria casa dello sport. 

“La nostra attività è a gestione familiare - spiegano - non abbiamo il potere del Dio denaro, ma dei valori: la passione, la lealtà, ma soprattutto l’onestà, la condivisione e l’educazione”.

A Casalotti non solo calcio: solidarietà e integrazione

Un ambiente sano e solidale. Negli anni, la società ha inviato materiale sportivo ad associazioni missionarie in Sud Africa e ha collaborato nel sociale aiutando case famiglia e disabili, mentre sul campo è diventata scuola calcio d’élite (la qualifica più alta che un club possa ricevere dalla FIGC), ha vinto due premi disciplina e ha introdotto un regolamento interno per i suoi tesserati. 

“A chi incappa in sanzioni disciplinari, gli raddoppiamo la squalifica - precisa Paolo Lotrionte - inoltre, li facciamo arbitrare nelle categorie della scuola calcio o li affianchiamo ai nostri istruttori per un breve periodo”.  

Creare un settore giovanile florido e ridare vita a una realtà calcistica come ai vecchi tempi: la nuova strategia del Casalotti che quest'anno ha puntato esclusivamente sulla scuola calcio.

Casalotti contro i pregiudizi: "Non criminalizzare periferia"

"Perché qui, in un quartiere spesso preso di mira dal pregiudizio, si può crescere come in qualsiasi altro posto. Che differenza c’è tra una periferia e il centro città? Io non la vedo. Invito tutti a venire a farsi un giro qui, troveranno tante brave persone che fanno sacrifici per un futuro migliore” - ha tenuto a sottolineare il patron Paolo Lotrionte stigmatizzando al giovane arbitro ferito a San Basilio. 

"Qualcosa che non riguarda l’universo del Casalotti. Trovo corretta la posizione dell’AIA e della LND: la interpreto come un segnale, anche se non è la panacea di tutti i mali. Non sono gli arbitri a dover cambiare, ma siamo noi che dobbiamo affrontare la vita con più leggerezza. Dobbiamo tornare all’idea del calcio come un gioco di strada, quando - ricorda il presidente - buttavano due giacchetti per fare le porte e calciavamo un pallone di carta”.

Nessuno spazio a rivalità e pregiudizi: solo spensieratezza, sana competizione e tanta passione. Nulla a che vedere con un direttore di gara 24enne mandato all'ospedale con trauma cranico e dieci giorni di prognosi. 
 

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